ombre in divagazione
ombre nel verde
stagliate a ritagliare
disegni di alieni rimandi
di antiche mendaci futilità
in rupestri scritture incise a colori
di terra e di sole sotto l’ osso,
nel vivo
scaturire della vena,
in segreti rivoli da navigare in
silenzio,
lunghe si fanno le ombre
quando l’ isola appare,
l’ isola dove tutto si spegne
e tutto riarde rifatto
lavica essenza,
dolore, sorriso, odio, amore.
Incorrotti.
Quello che affascina della poesia è come sappia trarre ispirazione dovunque, da ogni cosa, specie da quanto, apparentemente, sembra privo di ogni valore. Può essere oggetto di afflato la figura che vediamo in una piccola nube che macchia di bianco il cielo primaverile… o queste ombre che rami e vegetazione gettano sul verde brillante di un prato; ombre che schiudono un mondo di tristezza, di silenzio, di dolore.
Suggestiva è dir poco.
Paolo
nov 16th, 2008 at 16:11
Mi sono chiesta dove sia quest’isola incontaminata
“dove tutto si spegne
e tutto riarde rifatto
lavica essenza,
dolore, sorriso, odio, amore.
Incorrotti.”
Paolo, questi vanno ai tropici! T’è capì poi da dove viene l’ispirazione?
Bell’approccio, daniela. Inusuale (non il solito depliant turistico).
nov 16th, 2008 at 18:32
Curiosona che sei, rose! Dove sia quest’ isola non so, so di certo che non è ai tropici -ma chi li ha mai visti i tropici! –
))))))))))))))))))))))))))))))
Per i tropici il referente è Mario!!!
E’ vero, Paolo, che si trae spunto anche da dettagli, input minimi che, a volte, suscitano sensazioni e emozioni per un qualche meccanismo che si mette in moto e incomincia a lavorare…
nov 16th, 2008 at 18:42
Sorry. Non volevo essere indiscreta. Mi era piaciuta l’idea dell’isola tropicale, vista in una luce diversa. Niente di male del resto ad andare ai tropici. Mario ne ha riportato ricordi bellissimi.
Chissà come sta mario …
nov 16th, 2008 at 20:29
Ah, no, di certo che non c’ è nulla di male ad andare ai tropici: era uno dei sogni rimasti chiusi in quel cassetto di cui ho perso – buttato – la chiave.
No, ho volato basso, rose: è solo un’ isola della mente …
Ho sentito Mario 2 settimane fa, circa: sta facendo del suo meglio per riguadagnare la sponda, poco per volta. Ho un grande affetto per lui e vorrei stargli più vicina, ma temo di diventare invadente.
nov 16th, 2008 at 21:26
E’ come se si assistesse al fluire dell’acqua in un condotto: essa vortica e accelera quando la sezione si restringe e si pasce di calma quando conquista spazi più ampi.
I primi versi costretti dalla ricerca, dalla descrizione, dalla sollecitazione delle memorie anche più ataviche, irrompono come una cascata, fosse musica direi che siamo di fronte ad un allegro furioso; si rimodellano acquistando un ritmo più pacato giunti al silenzio, si immergono nelle ombre della sera per sfociare nel “Largo” della visione d’un’isola chiamata Utopia. Qui acquistano i connotati del sogno ove odio e amore si specchiano annullandosi ancora in un paesaggio primordiale (lavico) che evoca l’innocenza.
nov 19th, 2008 at 01:25
Grazie per il commento così articolato, Ben!
nov 19th, 2008 at 18:23