In una delle mie abituali passeggiate dopo pranzo, m’imbatto in una decrepita cappella votiva, ai margini di uno sparuto boschetto.
Un tempo era usanza costruire queste edicole come ex-voto, in seguito a qualche insperata guarigione.
All’interno scorgo un affresco mezzo cancellato e corroso dall’umidità e dal gelo; tocchi d’intonaco giallo, misti a scaglie di colore del dipinto, giacciono in mucchietti in terra, nella polvere.
L’immagine devozionale raffigurava S. Giuseppe, con in braccio il bambin Gesù. Nell’altra mano impugnava la tradizionale verga fiorita.
Sulla parete screpolata ora, si vede soltanto la sommità del bastone fiorito.

Non so perché, mi siedo lì a contemplare quello strano spettacolo di una figura in rovina.
Penso alle poesie e ai racconti che noi praticanti del diletto della scrittura divulghiamo nei siti e nei forum Web letterari.
Che fine faranno quei testi letti e consumati che scorrono sul nastro trasportatore delle pubblicazioni quotidiane.
Finiranno stipati nei magazzini dell’oblio per sempre?
Come macchine confezionatrici, ne sforniamo a testa un centinaio l’anno, e mi chiedo: quale sarà il loro destino?
Ritorneranno anche loro nella polvere come questo S. Giuseppe?
Quanti poeti e narratori hanno affidato alle loro opere virtuali un disperato sussulto di espressione, un grido ansioso urlato al mondo, o a qualche dio distratto: “Io esisto!”.
Quanti si sono sentiti dei geni e dei profeti.
E ora: dove sono quelle voci?
Tutto è inganno e illusione, la verità è inesprimibile: nessuno di noi potrebbe affermare con certezza di tenerla in tasca.
Certo, verdi e ondulate le colline, là all’orizzonte mi sorridono e sono ben riconoscibili.
Certo, stamattina ho letto sul giornale di due uomini che si baciavano s'una spiaggia, derisi e malmenati da un branco di prepotenti, che si autodefinivano “normali”.
Ho sentito in televisione di un barbone bruciato sulla panchina dove dormiva, da quattro ricchi figli di papà, perché si annoiavano a morte.
A ben vedere anche il bene e il male, con un po’ di fatica e d’esperienza, sono nettamente distinguibili.
I gatti, i fiori, le statue e le curve sinuose delle donne; il blu del mare e il verde scuro di quella pineta…
Mi raccolgo: colori e forme si muteranno dentro l’anonimo e l’informe.
Mi raccolgo, rientro in me: cerco d’imparare a guardare, a leggere, ad ascoltare.
Mi raccolgo: il mondo sarà anche apparenza, ma l’Apparenza è anche l’Essere.