

La mia anima è seduta sulla sedia a dondolo
e dondola e dindola come fanno
certe grazie che conosco. Nell'aria
ci creo sopra una magnifica capanna,
l'anima sonnecchia al mite crepuscolo
con i suoi tenue colori poi,
il giorno mi accende la stanza e il meriggio
entra dalle persiane, si prepara la sera
con il suo daffare e la notte, la notte avanza
con il ticchettio dei pensieri.
C'è la costante del malessere che Baudelaire
chiamava Le Mal des fleurs,
io invece chiamo questo male
Bagliore dell'Ostaggio che si ribella
nella sua dimora, così
ho inventato una nuova cosa, che non ha un nome preciso,
e porta il colore solare del sole e cancella le ombre
che mi fanno vento.
Io. Io non volevo cose straordinarie quando vivevo,
m'accontentavo del variabile lasciando la felicità
a chi ci credeva, perché poi bisognerebbe
avere tanta fede per credere nelle cose insolite.
Ho chiesto pietà alle Ombre. Ho detto a loro
che non ho niente per soddisfarle.
Volevo vivere di madre,
perché ho un vago ricordo della sposa,
che aveva a fare con me come donna.
Sono stata donna, una volta, o, forse, erano due.
Non biasimo il Fato se così ha voluto e, diciamo
che il dolore l'ho addestrato per benino.
Se gli dico “Siediti!” egli si siede docilmente, se gli dico:
“Alzati!” egli si alza ubbidiente. E' arrendevole come l'agnello
di primo latte, perché poi al secondo (latte) non ci arriva (l'agnello).
Povero dolore. Gli voglio bene. Lo tengo in ostaggio, perché poi
se dovesse sparire, mi perderei nel vuoto.
Ho convinto il dolore di restare. Meglio il dolore del nulla.
Carmen