
In una grande azienda Agricola, trenta milioni di maiali dovevano essere ammazzati per essere trasformati in prosciutti e salamelle.
L’officiante del sacrificio, l’imprenditore Silvio Suinoni, con i suoi addetti alla mattanza, si avvicinò con la sua veste da cerimonia al recinto dei porci.
I suoi servi e i suoi lacchè l’avevano avvisato che molti suini si stavano lamentando per il fatto di essere abbattuti, e stava per scoppiare una pericolosa rivolta.
Col suo noto sorriso plastificato, il commendatore brianzolo aveva rassicurato i suoi genuflessi collaboratori:
- Ghe pensi mi, ghe pensi mi.
E subito metri di tappeto rosso erano stati srotolati fino al recinto dei porci, in procinto di essere fulminati con un proiettile in testa.
- E allora, maialini miei, consentitemi: perché vi ripugna di essere condotti al macello, cribbio?
Vi ho ingrassato per vent’anni e se volete, vi do ancora un mese di vita, con televisione, calcio, lotterie, tanto sesso e i vostri quattro risparmi ben protetti in banca, senza il pericolo delle tasse dei comunisti! Ma che volete di più?
Quanto a me, giuro sulla testa dei miei venti figli che in vostro onore mi macererò per tre giorni e per tre giorni digiunerò.
Per voi saranno fatte edizioni di telegiornali a reti unificate e dei talk-show lunghi un mese per il vostro funerale.
Che volete di più?
Si levò una voce stentorea dal brago, in cui sguazzavano i maiali:
- E sia Sire, vogliamo rimanere porci e ne accettiamo le conseguenze.
Tutto, soddisfatto il Suinoni girò sugli alti tacchi e, seguito dal suo osceno codazzo di leccaculi, grotteschi gnomi e mignotte se ne tornò verso una delle sue ville faraoniche.
- Avete visto servi? Preferiscono essere sicuri di mangiare ancora ghiande e crusca nella palta per un mese e restare al sicuro nel loro bel recinto fatto di sbarre di bronzo dorato, piuttosto che rivoltarsi ed essere liberi.
Così avviene da sempre e sempre così sarà.
Per aver delegato a me il lavoro sporco, creperanno nella loro merda.