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Inverno

novembre 6th, 2009 by admin

ampi frangenti battono
l’ orlo delle nubi
in rituali tempeste invernali

cavalcano cresta su cresta il
deserto senza parole
frustano l’ aria, spezzano
i rami correndo radenti
alla terra bruna

è inverno senza riscatto di
voci e
l’ oro dell’ ape in parentesi
d’ ombra ho smarrito

in riflessi di echi sofferenti che
il freddo inchioda ai bordi del tetto,
tacite forme dimesse.

Foglie

ottobre 27th, 2009 by admin

 Jerry Uelsmann, Untitled, 1987

autunnali rimandi rossi e
bruni
crepitar di foglie sul
sentiero,
 
il sangue scorre
nella danza delle foglie
migrano aquiloni
in cerca di riposo
 
sull’ orlo del vento
frusciano foglie lievi in
dimensione d’ aria
 
annullato il momento
resta il respiro
di un sospiro sospeso.

Il simbolo perduto

ottobre 19th, 2009 by admin

 

 

 

 

 

 

 

Il simbolo perduto, il nuovo libro di Dan Brown  uscirà da Mondadori il prossimo 23 ottobre 2009

Prologo
Il segreto è come si muore.


Fin dal principio dei tempi, il segreto è sempre stato come si muore.
L’iniziato, che aveva trentaquattro anni, guardò il teschio umano che teneva fra le mani come una coppa. Era pieno di vino rosso sangue. Bevilo, si disse. Non c’è nulla di cui aver paura.
e richiesto dalla tradizione, aveva cominciato il suo viaggio indossando le vesti rituali dell’eretico medievale condotto al patibolo: la tunica aperta sul petto chiaro, il calzone sinistro arrotolato sopra il ginocchio, la manica destra rimboccata fino al gomito e un grosso cappio intorno al collo. Quella sera, invece, come gli affiliati che assistevano al cerimoniale, era vestito da maestro.
I fratelli intorno a lui avevano grembiuli di pelle d’agnello, fasce e guanti bianchi, e al collo portavano gioielli cerimoniali che brillavano come occhi spettrali nella luce fievole. Molti di loro ricoprivano cariche prestigiose nella vita, ma l’iniziato sapeva che tra quelle mura la posizione sociale non aveva alcuna importanza. 
Lì erano tutti uguali, fratelli uniti da un legame mistico, da un giuramento solenne. 
Mentre osservava quello straordinario consesso, l’iniziato pensò che nessuno avrebbe mai immaginato di vedere riunita quell’assemblea, e meno che mai in quel luogo. La sala pareva un antico santuario. 
Ma la verità era ancora più strana.

Mi trovo a pochi isolati dalla Casa Bianca.


Il monumentale edificio, al civico 1733 di Sixteenth Street NW a Washington, ricalcava un tempio precristiano, il tempio di re Mausolo ad Alicarnasso — il primo «mausoleo» — costruito per ospitare le spoglie del defunto monarca. Ai lati dell’ingresso principale, due sfingi di diciassette tonnellate facevano la guardia al portone di bronzo. L’interno era un labirinto riccamente decorato di camere rituali, corridoi, sotterranei, biblioteche e persino una parete cava dietro la quale erano murati due scheletri. L’iniziato era stato informato che ogni stanza di quell’ edificio racchiudeva un segreto, ma lui non ne conosceva nessuna che potesse racchiudere segreti più arcani della sala gigantesca in cui era inginocchiato quella sera, con un teschio fra le mani.
 
Da: http://www.corriere.it/cultura/

Censura

ottobre 11th, 2009 by admin

Shahriar Mandanipour, Censura

In una Teheran misteriosa e caotica, dove il profumo dei fiori di primave­ra si mescola al puzzo di monossido di carbonio e le motociclette diventano taxi improvvisati in un traffico da delirio, una ragazza che manifesta davanti all’ università sta per diventare l’eroina di una storia più grande di lei. «La ragazza non sa che esattamente sette minuti e set­te secondi dopo, al culmine degli scontri tra polizia, studenti e militanti nel Partito di Dio, sarà travolta nel caos delle cariche e delle fughe, cadrà all’indietro, batterà la testa su uno spigolo di cemento e chiuderà i suoi occhi orientali per sempre».

Raramente un’opera letteraria ha anticipato con maggiore puntualità una tragedia co­me la morte di Neda Agha-Soltan, la ragazza iraniana uccisa negli scontri tra studenti e polizia lo scorso giugno, la cui morte ripresa in video è diventata l’anima delle proteste durante l’ultimo contestatissimo trionfo elettorale di Ahmadinejad. Ma di puntualità davvero si tratta, se si pensa a Censura. Una storia d’amore iraniana, il romanzo di Shahriar Mandanipour che Rizzoli ha appena mandato in libreria nella traduzione di Flavio Santi (pp. 370, e 19,50), è uscito negli Stati Uniti proprio du­rante le passate elezioni in Iran. Ed è diventato immediatamente un «caso» sui giornali e nei circoli letterari americani per molti buoni motivi, a cominciare al suo inizio tristemente profetico. Gli altri motivi sono legati al metodo postmoder­no usato dall’autore per interrogarsi sui limiti e le possibilità dello storytelling in uno Stato totalitario. Su cosa significhi cioè «narrare» in un Paese dove l’immagi­nazione può condurre alla galera; dove il linguaggio deve farsi ipercreativo per aggi­rare divieti culturali durissimi; e dove il semplice dare forma a una storia d’amore tra un ragazzo (Dara) e una ragazza (Sara) diventa una sfida, sullo sfondo di un Pae­se dove due giovani non sposati non pos­sono né incontrarsi né tenersi per mano né guardarsi negli occhi in pubblico. Ma per capire meglio dove nasce l’inte­resse per un libro complesso come Censura , bisogna andare a pagina 16, dove Shahriar Mandanipour — o il suo alter ego letterario — si presenta al lettore dicendo:

«Sono uno scrittore iraniano stan­co di scrivere storie cupe e amare, popola­te da fantasmi e narratori passati da tem­po a miglior vita, con prevedibili finali di morte e distruzione»

Uno scrittore cinquantenne, aggiungiamo noi, che scrive in farsi per un pubblico che non può leg­gerlo (essendo in Iran censurato) e pensa in inglese per un pubblico americano col­to; che è stato critico cinematografico, direttore di una rivista letteraria e autore di racconti, prima di emigrare negli Stati Uni­ti nel 2006, dove Harvard gli ha offerto un posto di writer in residence che occupa tuttora. Pieno di energia, ironico, erudito e ambiziosissimo, Mandanipour ha scritto un romanzo che è tre cose in una: la storia di un amore segreto tra due giovani nella cupa Teheran di oggi; la storia dello scrittore di quella storia costretto, per poterla raccontare, ad aggirare con mille compromessi l’inevitabile censura; e una riflessione su il modo in cui arte e vita possono mescolarsi nella realtà e sulla pagina….
…. è la censura la vera protagonista di questo romanzo. Una censura eleva­bile ad arte che è la vera ragione, secondo Mandanipour, per cui «gli scrittori iraniani sono diventati i più educati, i più maleducati, i più romantici, i più pornografici, i più politici, i più realisti e i più postmoderni del mondo». Non grazie alla nostra cara vecchia libertà di espressione che può intimorire le menti più navigate. Ma grazie a una tirannia che nella sua stupidi­tà non si accorge di essersi trasformata nella madre di tutte le metafore.

Livia Manera

da: http://www.corriere.it/cultura/

Roots

ottobre 10th, 2009 by admin

Radici di terra incrostata
antiche potenti feconde
radicate nel suolo del campo
fra erbe piumate
attorte radici contorte
d’ ulivi d’ argento su pietre vetrose
di sole

ancora dicono
del legame che                                      
nel sospiro dell’ attimo
inceppato,
cadde nell’ oblio
sulla terra degli uomini
quando  le pietre
smisero di parlare.

Resta il silenzio del lamento
tardivo
dello smarrirsi in onde
battenti di pensiero
sperso in
anonimi percorsi uguali
a calpestare lo stesso
marciapiede

nel silenzio delle pietre
ruvido all’ occhio
e senza memoria.

Il comunista azzimato: vita rivoluzionaria di Friedrich Engels

ottobre 5th, 2009 by admin

Tristram Hunt, The Frock-coated Communist: The Revolutionary Life of Friedrich Engels 

Il comunista azzimato: vita rivoluzionaria di Friedrich Engels

«La forma più evidente di sfruttamento è la prostituzione: questo è il modo in cui la borghesia attacca addirittura fisicamente il proletariato… La donna è sfruttata come oggetto della libidine maschile e come macchina per produrre figli». «Se avessi un reddito di 5mila franchi non farei altro che divertirmi con le donne, fino allo stremo. Senza le francesi la vita non avrebbe senso: ma finché ci saranno le grisettes, avanti tutta!». Parole dello stesso uomo, Friedrich Engels: perché nella nuova biografia scritta dallo storico britannico Tristram Hunt, The Frock-coated Communist: The Revolutionary Life of Friedrich Engels («Il comunista azzimato: vita rivoluzionaria di Friedrich Engels») tra le tante contraddizioni dell’industriale tessile amante della bella vita che scrisse con Marx Il Manifesto del Partito Comunista c’è anche la differenza impressionante tra la teoria e la prassi del suo rapporto con le donne.

DONNE INDIPENDENTI - Perché è evidente, dimostra il documentatissimo prof. Hunt, che l’Engels filosofo sia tra i pionieri della rivendicazione dei diritti delle donne, architetto di una precisa teoria generale dell’emancipazione femminile. Ma il filosofo che scrive con passione – e mente modernissima – della donna doppiamente vittima di oppressione nella società è anche l’uomo che si lancia in appassionate odi ai lupanari, e che privatamente si trovò sempre a disagio in presenza di donne indipendenti (diremmo oggi: assertive) – lui trovava in realtà disdicevole che gli tenessero testa in una discussione. L’ennesima versione della solita vecchia storia, l’uomo che predica bene e razzola malissimo, progressista in tutto tranne quando si tratta di mettersi a stirare le camicie o stendere il bucato quando sta per cominciare la partita in tv? Ovviamente sì, ma non solo: certo i peccati personali di Engels sono, da una parte, così lontani, mentre la modernità delle sue teorie – almeno quelle sull’oppressione della donna – è ancora così (tristemente) attuale.

TEORIA E PRATICA - Leggere il libro del professor Hunt, per un maschio, è però anche un test. Un modo per mettere alla prova i propri inevitabili pregiudizi personali: perché se il primo architetto della liberazione femminile assolveva i suoi comportamenti privati usando le posizioni pubbliche come salvacondotto, ciò non è evidentemente più possibile. Perché una peraltro giusta filippica perorata alla macchina del caffè, in ufficio o all’ora di cena, sulla mancanza di asili-nido, sulla cronica arretratezza delle pari opportunità italiane rispetto al nord Europa, sulle tante cose inammissibili all’estero che avvengono ogni giorno nei luoghi di lavoro italiani, non mette tuttavia nessun maschio al riparo dallo spettro che si aggira per l’Europa – e non solo – maschile e progressista: lo spettro del sessista illuminato, tanto orgoglioso delle proprie convinzioni egualitarie da specchiarsi più in esse che non nei propri comportamenti quotidiani.

Matteo Persivale

Da: http://www.corriere.it

Un the al casone con Ruzante e Diego Valeri

ottobre 1st, 2009 by admin

 

Un the al casone con Ruzante e Diego Valeri

CASA-MUSEO della cultura contadina
via Ramei 16- Piove di Sacco, Padova

Ospita

la Casa Editrice Il Ponte del Sale con i suoi tre poeti:

Fernanda FerraressoMigratorie non sono le vie degli uccelli
Marco MunaroNel corpo vivo dell’aria
Umberto SimoneIl sacco del curdo
 
http://cartesensibili.wordpress.com/avvisi-e-concorsi

Il questionario

settembre 25th, 2009 by admin

Immagine da Flickr

Il vecchio andò direttamente alle caselle postali. Aprì la numero 27. Ne trasse  le buste. Le tenne un secondo fra le mani, quasi soppesandole. Le ripose poi nel sacchetto di plastica che teneva appeso al braccio e si allontanò, uscendo dall’ ufficio postale.
Camminava  trascinando i piedi, come spesso capita a quelli in età avanzata. Colpiva in lui l’ aspetto, un misto fra il trascurato e  il decadente, in contrasto con lo sguardo, guizzante e tagliente, che sconcertava chi, per caso, lo incrociava.  
Camminò a lungo finché raggiunse una costruzione in pietra che aveva visto, in passato, giorni migliori. Adesso si presentava consumata dalle stagioni, mangiata com’ era dalla pioggia e dal gelo, cotta  dal sole. Il vecchio si fermò e fissò la casa. Scosse la testa, impercettibilmente. Salì i tre gradini consumati, fino alla porta d’ ingresso. Cincischiò brevemente nella tasca del cappotto sdrucito, aprì la porta, solo uno spiraglio, e sparì all’ interno. Inghiottito da un buco nero.
All’ interno, su tutto pareva regnare un senso di decomposizione fatto di polvere e muri farinosi. Il vecchio salì la scala che portava al primo piano. Sul piccolo pianerottolo si fermò: c’ erano due porte. Aprì quella alla sua sinistra ed entrò in una stanza che contrastava con il resto della casa, calda, confortevole, quasi elegante, ben illuminata, com’ era, con mobili di legno lucidi, una grande scrivania e una cassettiera. Si guardò in giro, come a controllare che tutto fosse come lo aveva lasciato. Si sfilò il cappotto, si tolse la giacca, e poi la maglia grigia e consumata ai polsi. Aprì un cassetto, ne trasse un lungo abito verde lucido, lo indossò.  Si sedette alla scrivania, posò le buste sul ripiano, ripiegò con cura il sacchetto e lo mise da parte.
Fissò le sei buste con occhi penetranti, mentre intrecciava le lunghe dita sottili  delle mani per poi subito scioglierle, come in una ginnastica istintiva.
Con calma aprì le buste. Ne trasse i questionari e li dispose uno a lato dell’ altro. Incominciò ad esaminarli, controllando per ogni voce le diverse risposte. Non doveva prender nota di niente, registrava ogni cosa in testa, incasellava ogni reazione, ogni minimo spunto, mentalmente, e intanto intrecciava e scioglieva le dita, serpenti che s’ annodavano senza fine.
Era questo il suo compito, sancito nel tempo, era questo il suo dovere, impostogli da un passato stellare  quando si era deciso che, essendo le creature fragili gingilli di carne, sangue e ossa, nulla di più, li si doveva osservare, manipolare, prevaricare persino, per il loro stesso bene, per semplificarne la vita, in una prospettiva che consentisse di determinare, alla fine, attraverso la ricerca, l’ individuo perfetto per l’ omogeneizzazione sociale totale. Perché  questo esattamente era il fine: per mezzo dell’ analisi dei comportamenti condotta con freddezza e spinta all’ estremo limite dell’ intollerabilità, determinare il punto di rottura, individuare le strategie più adatte alla pianificazione di un mondo di tutti uguali, con pulsioni ridotte al minimo, se non azzerate, comunque stratificate in menti che non si interrogassero, che non si ponessero domande. L’ era dei perché? che creano dubbi, che tormentano lo spirito, che indagano i campi più lontani del sapere, doveva finire. Bastavano pochi spiriti eletti, preposti a questo compito, a porsi le domande, a darsi le risposte giuste,  per tutti.
Le dita snodate in movimento continuo sapevano cogliere l’ elemento cruciale delle reazioni di uomini e donne, di qualsiasi età, di qualsiasi estrazione sociale, qualunque fosse la loro posizione, e lui sapeva, sapeva bene che poteva smontarli e rimontarli, romperli e rimetterli insieme, sciocchi, furbi,  onesti, disperati e malandrini, come fossero modellini componibili.
Lui era il maestro della profezia mai scritta, colui che, con pochi altri nel mondo intero, deteneva  il potere che avrebbe realizzato il mondo perfetto dove l’ uomo sarebbe infine stato libero dal pensare e dal soffrire in quanto animale pensante.
Libero. Per tutti i secoli dei secoli.
Si fece buio nella stanza, solo la veste smeraldina rilasciava un leggero lucore. I questionari erano cenere untuosa sul piano della scrivania.
La pelle si tese sugli zigomi del vecchio e pian piano, delicatamente, si sfaldò, una maschera che si screpola e si sfoglia e rivela il niente, sotto. Il vuoto di un’ orbita immensa che crepita e risucchia in vortici costanti luce e aria e tempo.
Tutta la fragilità dell’ io – uomo vi era riposta, veniva masticata e digerita insieme alla molteplicità delle sue storie, del dolore, della gioia, della rabbia, dell’ infamia, dell’ amore.

Autunnale

settembre 22nd, 2009 by admin

Immagine di Pistoiese

ramaglie di pensieri
nudi
nell’ aria che rinfresca
 
pensieri d’ autunno
tremuli
appesi al gambo
della foglia in oro
filante all’ ultimo
abbraccio di sole.
 
Verrà l’ inverno e spogli
i rami porteranno il
peso di neve e gelo,
 
son volati i pensieri
con le foglie
a perdersi
oltre le geometrie
dei giorni.

La bella di Loulan e l’indipendenza dello Xinjiang

settembre 21st, 2009 by admin

 

Paolo Manca, giornalista ed esperto sull’argomento, parla della situazione dello Xinjiang.
In Cina, nella regione dello Xinjiang, la situazione è molto delicata: cosa sta accadendo?
“Lo Xinjiang è una grandissima regione che copre un sesto del territorio cinese, di cui costituisce la parte più occidentale. La popolazione è per la maggior parte di Uiguri, mentre nel resto della Repubblica Popolare Cinese la maggioranza è Han. Gli Uiguri, circa 9 milioni di individui, sono musulmani, parlano una lingua di origine turca, scrivono in arabo e hanno tratti somatici non orientali. Sulla base di queste differenze, da oltre sessanta anni chiedono l’indipendenza dello Xinjiang dalla Repubblica popolare, o almeno una maggiore autonomia. La situazione di tensione è precipitata all’inizio di luglio, quando a Urumqi, capitale dello Xinjiang, si è diffusa la falsa notizia di uno stupro commesso dagli Uiguri contro due giovani Han. La reazione violenta degli Han, desiderosi di vendetta, ha fatto esplodere lo scontro etnico, represso con la forza dalla polizia: 158 vittime accertate, centinaia di feriti e 1500 arresti il conto finale.”
L’archeologia, fondendosi per una volta con la politica, sembra dare ragione ai nazionalisti Uiguri… Quali sono le scoperte più recenti?
“Non credo che l’archeologia si sia fusa con la politica, piuttosto vedo la politica che sfrutta l’archeologia, trascinandola in un campo che non le appartiene. Nello Xinjiang sono state trovate centinaia di corpi mummificati naturalmente, cioè perfettamente conservati dal clima particolarmente secco e dalla sabbia alcalina. Risalgono a un periodo compreso tra l’Età del Bronzo (1800 a.C.) e il I secolo d.C., la maggior parte di loro sono alti, biondi con gli occhi tondi e il naso grosso, hanno cioè tratti somatici caucasici, non asiatici. Gli Uiguri portano questi ritrovamenti come prova per sostenere che i loro antenati fossero occidentali, non asiatici come invece vuole la storia ufficiale cinese. Un motivo in più per chiedere l’indipendenza. La Bella di Loulan, forse la mummia più famosa tra quelle ritrovate, è anche diventata l’eroina di una canzone indipendentista popolare. Il problema è che il significato politico associato alle mummie ha di fatto fermato gli studi di ricercatori occidentali sui corpi. Oggi il governo cinese permette proseguire le indagini solo a scienziati cinesi, ma è evidente che qualunque risultato possa emergere, difficilmente sarà giudicato oggettivo dalla comunità internazionale. Un vero peccato, perché per l’archeologia, e dunque la Storia, il ritrovamento delle mummie cinesi (geograficamente lo sono) è una delle maggiori scoperte del secolo scorso.”
Dobbiamo rivedere la teoria delle migrazioni Indoeuropee?
“Senza dubbio. I pochi scienziati occidentali che sono riusciti a studiare le mummie prima del blocco, in particolare Victor Mair professore di Lingua e Letteratura cinese della University of Pennsylvania, hanno dimostrato che almeno due mummie hanno origine occidentale. Questo conferma che la zona era abitata anche da uomini e donne provenienti dall’Europa e dunque ammettere che si sia stata una migrazione verso queste terre, dove per secoli hanno convissuto popolazioni diverse, caucasiche e asiatiche.”

Chiara Boracchi
Si ringrazia per la collaborazione Storica National Geographic.