Il nuovo romanzo di Umberto Eco arriva a trent’anni esatti di distanza dal capolavoro che fu “Il Nome della Rosa” nel lontano 1980.
Da sempre interessato alle vicende esistenziali della nostra contemporaneità, anche questa volta Umberto Eco ha svolto un’analisi attenta e letteraria del mondo moderno, incentrando la sua nuova opera sulla nascita delle Nazioni moderne.
Il Cimitero di Praga è un romanzo ambientato nell’800 e racconta le vicende del Capitano Simonini, falsario di professione, ingaggiato dai servizi segreti di diversi Paesi.
Il protagonista si aggira per l’Europa architettando intrighi che hanno realmente influito sul corso della storia. Umberto Eco dipinge un Ottocento fitto di rivolte, congiure, insurrezioni, sollevazioni, e attorno a questo personaggio ci racconta la nascita delle nazioni, riversando una luce conturbante sui nostri tempi.
Da: http://www.libreriauniversitaria.it
«L’Ottocento è stato ricco di eventi più o meno misteriosi e orribili: il mistero irrisolto della morte di Ippolito Nievo, la fabbricazione dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion, che hanno poi ispirato a Hitler l’Olocausto, il caso Dreyfus, e tanti intrighi tra servizi segreti di varie nazioni, sette massoniche, cospirazioni gesuitiche, e altri eventi che – se non fossero documentati come reali – sarebbero materia per un romanzo d’appendice come quelli che si scrivevano nell’Ottocento.
Questo è un romanzo d’appendice dove tutti i personaggi, tranne il protagonista, sono esistiti realmente, compreso suo nonno, autore di una misteriosa lettera all’abate Banuel, che ha scatenato l’antisemitismo moderno. L’unico personaggio d’invenzione (che però assomiglia a molti che abbiamo conosciuto, anche ai tempi nostri) diventa così nel romanzo l’autore di diverse falsificazioni e complotti, tra colpi di scena romanzeschi, sotterranei popolati di cadaveri, navi che esplodono nei pressi di un vulcano in eruzione, abati pugnalati, notai con la barba finta, sataniste isteriche, celebranti di messe nere, eccetera.
Il libro è illustrato, come lo erano i romanzi d’appendice del tempo andato – e anzi le illustrazioni sono le stesse – e quindi potrà anche sollecitare il lettore nostalgico dei libri letti durante l’adolescenza. Io mi aspetto però altri due tipi di lettore: uno, che non sospetti che tutte queste cose siano avvenute davvero, e neppure conosce la letteratura ottocentesca, dunque un lettore che ha preso sul serio persino Dan Brown e si godrà con compiacenza un poco sadica quella che giudicherà un’invenzione perversa, compresa la figura del protagonista, che mi sono sforzato di rendere il personaggio più cinico e antipatico di tutta la storia della letteratura.
L’altro, che sa o intuisce che sto raccontando di cose realmente accadute, avverte che la fronte gli si imperla impercettibilmente di sudore, si guarda inquieto alle spalle, accende tutte le luci dell’appartamento, e sospetta che queste cose potrebbero accadere oggi di nuovo, anzi forse stanno proprio accadendo in quell’istante. E penserà, come io vorrei: “Essi sono tra noi…”»
Capita che il successo clamoroso di un libro porti alla ripubblicazione di altre opere dello stesso autore che non avevano avuto lo spazio meritato. E’ il caso de Il padre e lo straniero, romanzo breve (o racconto lungo) di Giancarlo De Cataldo, che torna in libreria a dieci anni dalla prima pubblicazione grazie al successo del bestseller Romanzo criminale - affresco corale ispirato alle gesta della Banda della Magliana e ai misteri d’Italia – del quale sta per uscire la versione cinematografica per la regia di Michele Placido e un cast in cui spiccano Stefano Accorsi e Kim Rossi Stuart.
“Quando proposi il racconto”, racconta De Cataldo, giudice di Corte d’Assise “fu accolto dagli editori con lo stesso entusiasmo di un calcio nelle gengive”. Ora, con alcune aggiunte e revisioni rispetto al manoscritto originale, Il padre e lo straniero è in libreria.
Il noir e l’intreccio sono in questa storia solo un pretesto per raccontare una vicenda interiore, per delineare rapporti familiari e d’amicizia. Il protagonista, Diego, un impiegato del ministero di Giustizia con un figlio gravemente disabile, incontra un elegante e misterioso mediorientale, Walid, a sua volta genitore di un bimbo disabile. I due diventano amici e lo straniero gli fa conoscere una Roma segreta, che egli nemmeno sospettava potesse esistere, e lo coinvolge in un’avventura tra lo spionaggio, il traffico internazionale di segreti, il terrorismo. Da quest’amicizia e dal percorso che ne segue Diego uscirà trasformato, riconsidererà il concetto di normalità, tornerà ad avere speranza.
Il padre e lo straniero è un libro sull’amicizia e sulla condivisione del dolore, sul concetto di diverso, sull’accettazione e la comprensione dell’altro. “Sono temi che oggi, con quanto sta avvenendo tra Occidente e mondo arabo”, commenta De Cataldo, “hanno assunto un valore del tutto particolare”.
Immergendosi in questo romanzo, nella sofferenza dei rapporti con i disabili, nelle pieghe della città sconosciuta vissuta dagli stranieri, ci si sorprende a chiedersi cosa sia davvero l’idea di normalità. “L’ottimo”, spiega ancora De Cataldo, “sarebbe non avere una concezione di normalità, non scandalizzarsi né stupirsi. O meglio, rendersi conto dell’esistenza delle diversità, ma accettarle e condividerle. Chi combatte la diversità e non supera il turbamento naturale che può suscitare, ha un’idea gretta del mondo”.
Alla fine del libro, dopo una serie di vicende rocambolesche che lo porteranno fare cose che mai avrebbe ritenuto possibili, Diego vorrà avere un altro figlio. Non come risarcimento, ma come segno di apertura e di fiducia nel futuro. Un figlio che stavolta abbia il “diritto a tutta la felicità” negata ai protagonisti del romanzo.
Massimo Russo
Da: http://www.kataweb.it
Giancarlo De Cataldo è nato a Taranto nel 1956 e vive a Roma. Ha scritto romanzi polizieschi (Nero come il cuore, Contessa), saggi (Minima criminalia,Terroni), racconti (Teneri assassini), sceneggiature, testi teatrali. Dal suoRomanzo criminale (Einaudi Stilelibero, 2002), storia di 15 anni di malaffare politico-criminale tra il 1977 e il 1992, è stato tratto un film per la regia di Michele Placido. De Cataldo è giudice di Corte d’Assise.
ed è vermiglio il costo della vita
germogliato dalla carne
radicato nella vena
pulsante
del polso
battente a ritmo dei giorni
il tempo si smatassa fuor da garbugli
e menzogne in frode feroce
di rintocchi lontani – regolari nell’ aria sfuggente -
vermiglia linea pagata senza saldi
senza condoni – nessuno sconto –
solo pietà sotterranea a palmi aperti
rivolti a chiedere dove come perché.
E’ un orientarsi alla cieca
mentre dal ventre s’ ingenera la voce
inserpinata di parole e
stella con stella e luna dopo luna
e poi ogni sole partorisce immensi
ogni tramonto rosseggiante accende
come di sangue.
Torna a Milano dopo 50 anni il genio di Salvador Dalì: a Palazzo Reale una mostra che indaga sul rapporto del grande artista spagnolo con il paesaggio, il sogno, il desiderio.
lungaggini di ore
fatte di lanuggine di vetro
gugliate prese a prestito
ricami a punto ombra
ago dita-le digita-le
in questo gorgo
che s’ ingolfa
mentre l’ onda frange
e grida
l’ antro del vento,
ricadono quiete le vele
e calma s’ addorme
ogni voce.
Testo selezionato per l’ Antologia Verba Agrestia 2010
ritaglio parole in carta velina
trasparenze di respiro – solo respiro -
parole come erba nel vento, frastagliati segmenti,
linee del silenzio, armoniche tangenti d’ onde battenti
l’ occhio miete e raccoglie pause – bianche pareti, gessi di calanchi –
pause di quiete profonda in intimo riscatto di ricerca
la casa ritrovare
ricostruire ed abitare
indenne dalla tempesta, isola
in punti di colore, geometrie di forme,
architetture di parole
- segni rupestri intatti –
dall’ ieri dei ricordi assordati
risento parole canti
sottaciuto legame
confine estremo di ogni suono: